La Jazz Campus Orchestra è energia pura, contagiosa. Si respira un forte senso di appartenenza ad una stessa comunità, composta da giovani talenti, che di volta in volta, si armonizzano. Diretti dal Maestro
Massimo Nunzi, trombettista e arrangiatore di artisti del calibro di
Chet Baker,
Dizzy Gillespie,
Lester Bowie,
John Cage, Umberto Bindi, Domenico Modugno e altri ancora, i ragazzi della Jazz Campus Orchestra si esibiscono la sera del 13 novembre, in occasione della 46esima edizione del Roma Jazz Festival, nella sala del Teatro Studio Borgna dell’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone.” La Jazz Campus Orchestra nasce nel 2019 come progetto della Fondazione Musica per Roma, con l’obiettivo principale di sviluppare nei ragazzi (dai 7 ai 14 anni) l’interesse e la passione per la musica jazz, per la sua storia e per il suo linguaggio. Sarebbe sbagliato considerarli soltanto dei bambini, o ragazzi. Naturalmente lo sono, ma quando iniziano a suonare, ribaltano completamente le nostre aspettative. Sono fieri, appassionati e il loro sentirsi già parte di una collettività di musicisti arriva al pubblico in modo deciso e consapevole. L’impatto con il loro mondo sonoro provoca un senso inatteso di stupore e mette in atto una carica costante che non si interrompe quasi mai. Siamo di fronte ad un microcosmo popolato da specialità, in cui fare esperienza di identità in crescita, l’una al sostegno dell’altra. Un potenziale vivo che si trasforma continuamente, all’interno di un setting creativo in cui ogni giovane musicista ha il proprio spazio, la propria voce. Il concerto dell’Auditorium prende il titolo di
Let’s Save the Planet e attraverso la scelta di brani originali e altri tratti dalla tradizione jazzistica, affronta il difficile e urgente tema della salvaguardia della terra, delle specie animali in via d’estinzione, della relazione tra l’uomo e la natura contaminata da spinte oppositive.
Sul palco con i musicisti, l’attrice italiana Maria Chiara Giannetta costruisce una storia che attraversa il concerto, alla scoperta del nostro pianeta. La narrazione parte dal potere del mare e dalle sue simbologie nascoste, per raggiungere poi un bambino che racconta dell’amore e delle relazioni, ricercando la verità nella spinta del dialogo, mentre l’orchestra intona
Nature boy di
Eden Ahbez, nella versione di
Nat King Cole, cantata magistralmente da una delle voci del coro femminile. La performance si carica di vibrazioni elettrizzanti quando sterza verso il cielo di Kansas City e il richiamo a Bird,
Charlie Parker, è immediato. Con la traccia
A Night in Tunisia la Jazz Campus Orchestra, diretta con grande vitalità dal Maestro Nunzi, dimostra il meglio di sé (soprattutto nello strepitoso assolo di sax soprano). Il desiderio di esprimersi e di dare corpo e consistenza al talento, trova la massima espressione nel brano omonimo al concerto:
Let’s Save the Planet (il cui testo è stato scritto dalle ragazze del coro), interpretato da tutta l’orchestra e dalle voci femminili, che si fanno portatrici di un manifesto diventato subito un grido potente e coeso.
Il maestro José Antonio Abreu parlava di identità nobili riferendosi ai suoi giovani musicisti venezuelani, ai quali era stata data la possibilità di avere dei sogni e di trasformarli in realtà. Questo accade quando il desiderio di suonare insieme converge in uno spazio creativo e di formazione musicale, nel quale ogni musicista si sente libero di condividere la propria idea di musica. È proprio ciò che contraddistingue la forza della Jazz Campus Orchestra che sa dimostrare come la musica sia un’arte in cui si coltiva e si nutre l’immaginazione, la creazione e il gioco.